La fama plurisecolare delle Acque del Gurgitello in Casamicciola Terme è legata intimamente alle vicende storiche delle Terme Belliazzi, lo stabilimento fatto costruire su “salde basi e confortevoli ritrovati medici” dal re Ferdinando II di Borbone nel 1854.
Con la creazione dello Stabilimento Belliazzi, l’impulso conferito alle cure termali fu notevole e tale da convertire alla Medicina Naturale anche i più ostinati fra gli scettici della balneologia.
Nel 1560, Giulio Iasolino, medico presso la corte spagnola a Napoli, conobbe Ischia ed elaborò nel famoso trattato “De Rimedi Naturali…” una mappa accurata di tutte le fonti termali dell’isola d’Ischia e delle caratteristiche terapeutiche di ognuna. Descrisse la sorgente del Gurgitello come miracolosa fonte per gli strepitosi successi ottenuti con l’uso della sua acqua e dei suoi fanghi.
Un piccolo stabilimento termale fatto di poche vasche fu costruito, ma andò poi abbandonato in seguito al terremoto del 1622 e alla peste del 1656.
Nel 1698 fu ricostruito grazie ad Andrea D’Avalos, fratello del governatore, come recita l’iscrizione murata nel salone dell’attuale stabilimento . Volle così portare soccorso a tutta la nobiltà attraverso questi bagni.
Nel 1717 il Cardinale Michelangelo Conti, futuro papa Innocenzo XIII, fece un ciclo di bagni e fanghi come ricorda la preziosa iscrizione lapidaria presente nel salone
Altri scritti scientifici importanti sono quelli di: Nicola Andria (Trattato sulle acque minerali dell’isola d’Ischia 1775), Chevalley De Rivaz ( Description des eaux minero-thermales et des etuvèsde l’isle d’Ischia 1830). Egli afferma: "Le acque del Gurgitello sono molto salutari nelle diverse specie di paralisi, per la gotta, i reumatismi cronici, le contratture e le debolezze muscolari, gli ingorghi scrufolosi, le anchilosi incomplete, i postumi di fratture e lussazioni, l’ostruzione del mesentere, del pancreas, della milza, del fegato, l’eruzione squamosa, la rogna cronica, l’idropisia, le malattie dei reni e della vescica, i catarri provocati da atonia locale, la sterilità dipendente dalla sensibilità dell’utero"
La struttura ha operato per tutto l’Ottocento rimanendo indenne al terremoto del 1883 e il Novecento annoverando la presenza di personaggi illustri.
La costruzione reale delle Terme Belliazzi
Mentre fervono gli studi sul termalismo isolano, re Ferdinando II di Borbone visita Ischia nel 1852 e si intrattiene per alcuni giorni nella casina reale della famiglia Buonocore. Ha così la possibilità di compiere un’escursione a Casamicciola, attraverso il disagevole viottolo della Quercia. Raggiunge la località dei Bagni non senza difficoltà a causa delle stradine malridotte e piene di buche e così strette da consentire a malapena il passaggio della carrozza reale. Il monarca fece annotare tutto con molta diligenza al suo accompagnatore sottolineando l’abbandono con cui era tenuta la bella isola. Il re restò ammirato per il ricco patrimonio idrologico rinvenuto in quella plaga termale e, come era nel suo abituale costume, ideò, così, su due piedi, la realizzazione di un grande stabilimento sull’esistente Bagno del Gurgitello, che non era più adeguato per i tempi! Il volere del re non andava per niente discusso, per cui tutti dovettero obbedire e lasciar fare. Il progetto fu affidato personalmente da re Ferdinando all’architetto Pasquale Francesconi, lo stesso tecnico scelto per la costruzione della vicina chiesa dell’Assunta in via di completamento. I lavori furono appaltati dall’Impresa di Umberto Belliazzi che si ritroverà proprietario dello stabilimento in capo a un paio d’anni dalla sua inaugurazione (1856) per crediti vantati e non onorati dai committenti
Le Terme costarono complessivamente 14.000 ducati; una somma davvero ragguardevole per quei tempi, e costituirono un autentico gioiello di architettura termale sull’esempio delle Terme Romane. La facciata, veramente imponente, caratterizzata da lesene di finto bugnato, presenta al centro quattro colonne di ordine ionico incassate nello spazioso ingresso, imitando un peristilio inesistente. Sulla sommità dell’edificio si staglia un frontone triangolare sottolineato da un doppio cornicione che corre per tutta la lunghezza della facciata. L’opera architettonica ripropone il gusto di sapore neoclassico tanto in auge nell’Ottocento; stile che poi ripetuto nell’ampio salone-vestibolo d’ingresso e nelle due fughe di camerini per i bagni posti ad ambedue i lati delle Terme.
Con la caduta dei Borbone (1860) lo Stato Unitario indemaniò lo stabilimento Belliazzi tentando di far passare la struttura come proprietà della casa reale. I veri proprietari intrapresero una causa che durò alcuni anni, ma infine l’ebbero vinta. Ai principi del Novecento -da una publicità comparsa sulla rivista termale “il Casamicciola”- veniamo a conoscenza che le Terme Belliazzi erano composte da 40 camerini di prima classe e venti di seconda classe. Figura proprietario un nipote di Belliazzi, cav. Umberto, con l’ufficio in via Monteoliveto, 61, Napoli.